Si allunga la lista delle morti sul lavoro. Solo nella giornata di ieri sono stati cinque gli incidenti mortali, in una fornace ad Alessandria, in un capannone nell’Arsenale di Venezia e poi a Cecchina [Roma], in un cantiere a Modena, ma anche nello stabilimento della Fiat di Melfi.
Per loro ieri e per i mille lavoratori che muoiono ogni anno il Colosseo si è illuminato.
A quella lunga lista oggi si aggiungono altri due nomi. Uno è quello di Rosario, il giovane operaio dell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino. È morto questa mattina a Genova, aveva 26 anni. Anche lui, come gli altri cinque, era stato investito da un’ondata di olio e fiamme provocata dalla rottura di un manicotto riportando ustioni di terzo grado sul 90 per cento del corpo. Oggi a Torino si sono svolti i funerali di Rocco, il quinto operaio morto nel rogo dell’acciaieria.
L’altro nome è quello di Harallamb, 42 anni, operaio anche lui. Arrivava dall’Albania e ieri è stato travolto da una sbarra di metallo di due tonnellate nello stabilimento delle fonderie Forges a Cividale del Friuli, in provincia di Udine. Harallamb era stato colpito al torace, aveva subito politraumi e per questo il suo cuore si era fermato. A niente sono serviti i soccorsi, il massaggio cardiaco praticato dai sanitari, l’eliotrasporto in ospedale.
Oggi, dopo la morte di Luigi in Fiat, la Fim, Fiom e la Uilm di Potenza hanno proclamato uno sciopero provinciale di due ore a partire dalle 12. Lo sciopero è seguito un raduno presso lo stabilimento, al cancello B.
Venerdì 14 dicembre invece sciopereranno i lavoratori nei cantieri del veneto per ricordare la morte di Maurizio, schiacciato da alcune travi mentre lavorava dei cantieri dell’Arsenale di Venezia.
«Giusta la decisione di Fim, Fiom e Uilm di Potenza di proclamare uno sciopero provinciale dopo l’infortunio mortale avvenuto nello stabilimento Fiat di Melfi–ha dichiarato oggi Giorgio Cremaschi, segretario nazionale e responsabile dell’ufficio salute ambiente e sicurezza della Fiom-Cgil–Come si poteva prevedere la catena degli omicidi sul lavoro continua. Per questo la mobilitazione dei lavoratori deve continuare ed accrescersi. Queste iniziative si devono accompagnare all’azione che deve compiere un’iniziativa preventiva e repressiva senza precedenti affinché si fermi la catena degli omicidi sul lavoro».
E di leggi inadatte, «fatte nel governo precedente che hanno liberalizzato e tolto molti controlli», ha parlato invece Paolo Nerozzi, segretario nazionale della Cgil, aggiungendo poi che «c’è una responsabilità del governo, dello Stato, delle amministrazioni locali e delle imprese».
La Flc di Modena, la sigla unitaria dei sindacati edili Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil, commentando la morte di Marco morto sul colpo dopo un volo di cinque metri nel cantiere dove lavorava, ha invece parlato dell’applicazione delle norme antinfortunistiche che devono «diventare un obbligo inderogabile», così come la formazione sulla prevenzione degli infortuni che dovrebbe essere «la condizione per accedere al lavoro edile».
Sulla sicurezza sul lavoro è evidente che in Italia qualcosa «non funziona e il ministro del lavoro Damiano dovrebbe chiederselo–dice Maurizio Zipponi, responsabile dei problemi del lavoro di Rifondazione, che aggiunge–Se oggi brindiamo alla moratoria sulla pena di morte di cui l’Italia deve esser orgogliosa non possiamo dire altrettanto della grande paura della morte che c’è tra i dieci milioni di lavoratori che ogni giorno entrano nelle fabbriche nei cantieri nei loro posti di produzione e non sanno se poi la sera escono ancora sani: è questa una emergenza nazionale al pari di calamità mai viste e di essa il governo deve farsene carico con interventi concreti».
E sulla sicurezza sul lavoro si attende che il governo dia una accelerata sulla legge delega, ossia la sua entrata in vigore a partire da gennaio. «Lì si capirà – dice ancora Zapponi–se si intende ancora procedere per giochini politici o se invece c’è la volontà di invertire rotta assumendo il lavoro come questione centrale dell’azione di governo».
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