Via libera alle «grandi opere», per rilanciare l’economia

ponte

La «buona novella» di oggi arriva dal presidente del Senato, Renato Schifani, al termine della riunione del Cipe a Palazzo Chigi.
Il Comitato Interministeriale per la programmazione economica ha infatti stanziato 17,8 miliardi di euro di cui 16,6 miliardi [8,51 come «contributo pubblico», gli altri 8,09 come «privato»] destinati alle «grandi opere» e 1,2 miliardi per l’edilizia scolastica.
Tra le opere c’è il Ponte sullo Stretto di Messina, per il quale il Cipe ha stanziato 1,3 miliardi sui 6,1 totali, poi i sempre eterni cantieri dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la statale Jonica, la Pedemontana, il terzo valico Milano-Genova, l’alta velocità Milano-Treviglio, la linea «c» dell metropolitana di Roma, il Mose [a cui andranno 800 milioni], e anche alcuni interventi per l’Expo 2015 che si terrà a Milano.
Questo l’elenco parziale delle «opere cantierabili» che il ministro delle infrastrutture, Altero Matteoli, aveva anticipato mercoledì scorso.
Il costo totale del «progetto strategico» – ha detto Schifani riferendosi al Ponte sullo Stretto – è di circa 6,1 miliardi e le risorse che il Cipe doveva varare e che hanno ottenuto l’ok sono pari a 1,3 miliardi.
Questa pioggia di miliardi «è una potente iniezione di concretezza», ha commentato Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia. «Una boccata di ossigeno e un’iniezione di fiducia per le piccole e medie imprese operanti nel settore delle infrastrutture», ha dichiarato il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.
E, dopo la notizia, Impregilo vola in borsa, dopo che il titolo era stato preso di mira dal mercato a seguito della sentenza del Tribunale di Firenze che ha imposto alla società di versare 150 milioni di euro come risarcimento per i danni ambientali causati dai cantieri per l’alta velocità tra Bologna e Firenze. Il «general contractor» è infatti coinvolto sia nella realizzazione del Ponte – i cui lavori inizieranno nel 2010 – che sulla linea dell’alta velocità tra Milano e Genova.

Ma a bocciare la decisione del governo ci pensa il Codacons che ricorrerà al Tar del Lazio contro lo stanziamento dei 1,3 miliardi di euro per la realizzazione del Ponte. «Il governo ha fatto un doppio sbaglio», dicono i consumatori: i 1,2 miliardi per il recupero dell’edilizia scolastica e carceraria sono «irrisori», mentre lo stanziamento destinato alle «grandi opere» è «eccessivo», se rapportati con l’esiguità del bonus per le famiglie disagiate di 2,4 miliardi. «Se, come più volte dichiarato da Berlusconi, la chiave di volta per uscire dalla crisi è il rilancio dei consumi, a seguito del quale si aiutano automaticamente le imprese e conseguentemente i lavoratori a non perdere il posto di lavoro, è evidente che le cifre andrebbero invertite», ha commentato il Codacons.
La manovra è inutile anche per il Wwf, per il quale il governo «ha deciso di immobilizzare, in questa gravissima situazione economico-finanziaria, il 50 per cento delle risorse pubbliche».
Attacco anche dall’Italia dei valori con una nota di Antonio Borghesi, vice capogruppo dell’Idv alla Camera, in cui si legge: «Mentre l’Europa si attrezza per affrontare una crisi economica profonda e globale, il governo Berlusconi tira fuori l’ennesimo coniglio dal cilindro, degno del peggior mago illusionista. I 17,8 miliardi di euro stanziati per le infrastrutture in realtà non esistono». Critico anche Francesco Ferrante [Ecodem] che ha detto: «Rincorrendo chimere come quella del Ponte si sottraggono risorse immediate [oltre un miliardo] alle altre utilissime opere rinunciando di fatto ad avviare quella manovra anticiclica di cui il paese avrebbe maledettamente bisogno».
Di certo non la pensa così il governo perché, come ha detto il ministro dell’economia Giulio Tremonti, l’Italia è «il Paese che per l’economia reale ha fatto più degli altri. Quello che hanno fatto gli altri Paesi è stato soprattutto per salvare le banche».

da www.carta.org

I No dal Molin boicottano la «piovra rossa» Cmc

«Vogliamo chiedere agli scalpellini, agli elettricisti, ai muratori della Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna se sono d’accordo nel costruire una nuova base di guerra. Per questo venerdì 11 aprile andremo presso la sede della cooperativa», questo è l’annuncio dei No Dal Molin. E’ la prima azione di boicottaggio contro le cooperative «rosse» vincitrici dell’appalto per la costruzione della base Usa vicentina.
«È doveroso ricordare – dicono ancora i No Dal Molin – che nel loro statuto le coop si impegnano a contribuire in modo costruttivo alla tutela del patrimonio ambientale». Domani l’appuntamento è a Ravenna davanti alla sete della Cmc, in via Trieste 76, la «Piovra rossa». Una mega-impresa che di «cooperativo» ha solo il nome e di «rosso» soltanto il logo, ma che accetta cinicamente qualunque appalto, dalla Val di Susa al Ponte sullo stretto di Messina, con il più grande disprezzo per l’opinione pubblica.

Una piovra che stringe legami con l’esercito degli Stati uniti costruendo la base di Sigonella, in Sicilia, un complesso edilizio ad uso dei militari, che allunga i suoi tentacoli anche all’estero, a Taiwan, nelle Filippine, in Africa e in Cina, dove chiude un accordo per la costruzione di un tunnel che fa parte del progetto di deviazione del fiume Tahoe, emissario del fiume giallo. Della J.V. Gansu Zhongyi, la società composta dalla Cmc e da Sinohydro Engienieering Bureau 4, faceva parte Hu Jintao, attuale presidente cinese, tutto intento a garantire il viaggio della fiaccola olimpica mentre la Cina reprime la protesta tibetana.

La notizia è arrivata la fine della scorsa settimana, venerdì 28 marzo, direttamente dal comando statunitense Setaf [Southern european task force] di Vicenza: la Cmc [il Consorzio muratori e cementisti di Ravenna] e la Ccc [Consorzio cooperative costruzioni di Bologna], due «coop rosse», si sono aggiudicati l’appalto per la progettazione e costruzione della nuova base militare statunitense vicentina nell’area dell’ex aeroporto Dal Molin. Alla fine, dovrebbe essere una vera e propria cittadella autosufficiente, con alloggi, centri commerciali e una grande mensa. L’appalto è stato assegnato dal comando del genio della Marina degli Stati uniti, per un importo complessivo di 245 milioni circa di euro. I lavori inizieranno l’estate prossima – presumibilmente in agosto – per concludersi entro la metà del 2012.

«Nessuno si è sorpreso – è stato il commento a caldo dei No Dal Molin dal Presidio Permanente – Inutile ricordare i legami stretti tra queste cooperative ‘rosse’ e molti membri del governo Prodi oltre che con il commissario straordinario nominato dal governo, l’europarlamentare Paolo Costa. Il ministro Bersani ha molto a che fare con la Cmc di Ravenna, e l’inaugurazione della nuova sede della Ccc di Bologna venne fatta in pompa magna da Massimo D’Alema – hanno detto ancora dal Presidio–Altro che inderogabili impegni internazionali, altro che rispetto dei patti: hanno svenduto la nostra città per garantire un lucroso affare alle cooperative loro amiche. Sono per altro le stesse cooperative impegnate nella costruzione della Tav in Val di Susa, giusto per gradire».

Insomma la Cmc – la quinta impresa di costruzioni italiana, al 96esimo posto nella classifica dei principali 225 «contractor» internazionali che la rivista statunitense «Engineering News Record» pubblica annualmente–è una vecchia conoscenza. In primo luogo dei No Tav. Del consorzio, Carta si è già occupata in passato [nel numero 45 del 2005] appunto in occasione dell’aggressione ai valsusini da parte delle «truppe dello sviluppo», quelle che la notte del 6 dicembre picchiarono il gruppo di persone che dormiva al Presidio di Venaus: allora si trattava di dare l’inizio ai lavori per il tunnel «di servizio» della Tav Torino-Lione. Tecnici e macchinari, a Venaus, erano della Cmc.
Della Cmc è anche l’appalto per le forniture del «lotto 6» della metropolitana di Milano, dove realizzano anche gli edifici per la Fiera: i tentacoli di questa enorme e potente piovra arrivano dappertutto. Del resto, «i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari posseduti e la vasta esperienza acquisita in ogni parte del mondo nella realizzazione di grandi opere in infrastrutture–scrive la stessa società sul suo sito, http://www.cmc.coop–collocano Cmc fra i pochi general contractor italiani abilitati a concorrere agli appalti di maggiori dimensioni».

Fra questi appalti di grandi dimensioni c’è, o c’era, quello per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. La Cmc ha concorso nella gara d’appalto come maggiore partner di Impregilo nel «general contractor» [nella cordata figuravano anche la Sacyr Sa, la Società italiana per condotte d’acqua Spa, la Shikawajima-Harima Heavy Industries Co Ltd. e la Aci Scpa] che il 12 ottobre del 2005 aveva vinto la gara con un’offerta di 3,88 miliardi di euro [il bando di gara era di 4,4 miliardi di euro]. Poi sappiamo com’è andata a finire.
Un altro maxi appalto, questa volta da 445 milioni di euro è quello per l’adeguamento ed ammodernamento del primo maxilotto [da 28,5 chilometri] dell’autostrada A3 Salerno–Reggio Calabria. Si tratta dell’ampliamento dello spartitraffico centrale, dell’allargamento delle due corsie, dell’introduzione della corsia di emergenza e di sette nuovi viadotti. Sono presenti lungo il lotto 28 viadotti e numerose opere minori. La Cmc come «general contractor» è anche incaricata quindi di effettuare gli espropri dei terreni.

La mega-cooperativa vanta già esperienze nel rapporto con i militari statunitensi. Nel 2006, con il centrosinistra al governo, la Cmc aveva ottenuto dalle forze armate degli Stati uniti un appalto per la base militare di Sigonella [Catania]: si doveva costruire il cosiddetto «Mega IV multiple buildings naval air station», progetto enorme per il quale la spesa complessiva ammonterà, a fine lavori, a 59,5 milioni di euro e che comprende la realizzazione di una scuola all’interno della base aeronavale Nas1 e di sette edifici di vario uso nella base operativa Nas2. Sempre all’interno della base militare di Sigonella la Cmc ha già realizzato varie infrastrutture, tra cui parcheggi, piazze ed edifici polifunzionali, ad esempio la centrale telefonica e degli uffici della sicurezza della Us Navy.
Per restare in Sicilia, a Catania Cmc ha ottenuto l’appalto per i lavori della realizzazione del centro agroalimentare: 340 mila metri quadrati in contrada Jungetto. Il centro, che sarà il più grande del sud, è stato al centro di denunce dei Verdi e di Rifondazione, ma anche di associazioni ambientaliste, per presunte infiltrazioni mafiose.

Ancora, la Cmc costruirà il nuovo porto commerciale di Molfetta–«il braccio proteso verso l’Oriente e verso la nuova Europa», lo ha definito il sindaco Antonio Azzollini–il cui contratto è stato firmato nell’aprile del 2007, per un valore di 55,5 milioni di euro. Nel piano, oltre alla costruzione del molo, sono compresi la costruzione di capannoni per lo stoccaggio delle merci; un ponte di collegamento fra il porto e la zona industriale; un sistema di viabilità interna con parcheggi e arredi urbani.
Nel medagliere della «cooperativa rossa» c’è poi la realizzazione dell’asse attrezzato su cui sorgono i tre ponti in vetro, acciaio e cemento armato [il più lungo arriva a 221 metri] progettati dall’architetto-ingegnere catalano Santiago Calatrava a Reggio Emilia, progettati per l’Alta velocità Milano-Bologna e inaugurati lo scorso ottobre.

Ci sono anche gli spiccioli. Alla fine del 2007, la Cmc vince, insieme alla sorella Ccc, un maxi appalto per la realizzazione della superstrada SS 640 di Porto Empedocle [la strada che da Agrigento arriva a Caltanissetta attraversando la Valle dei Templi, che dal 1998 è inserita nella lista dei luoghi Patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco] per un valore di 363 milioni di euro. Si tratta di una strada lunga 31 chilometri, lungo i quali saranno costruiti cinque viadotti lunghi 6 chilometri.
Tirate le somme, la società ha reso noto lo scorso primo marzo il suo fatturato per l’anno 2007: si tratta di ben 626 milioni di euro, accumulati grazie all’acquisizione di nuovi lavori, la maggior parte dei quali in Italia ma anche all’estero.

La presenza della Cmc all’estero inizia dai primi anni settanta, in Iran, mentre negli anni ottanta si sposta in Africa dove, nel 1982, inizia a costruire la diga di Pequenos Libombos, in Mozambico. Ma i suoi tentacoli arrivano ovunque: nelle Filippine, dove ha costruito impianti idroelettrici, nel Canale di Suez, a Taiwan, dove ha realizzato tunnel e viadotti autostradali. E nell’elenco non poteva certo mancare la «nuova frontiera» cinese, dove il Consorzio ha chiuso un accordo per la costruzione di un tunnel lungo 18 chilometri che fa parte del progetto [chiamato «Yintao Water Supply Project»] di deviazione delle acque del fiume Tahoe, un immissario del Fiume Giallo, che comprende oltre 200 chilometri tra canali e gallerie. Un appalto d’oro, il cui valore è di 42,5 milioni di euro, aggiudicato alla J.V. Gansu Zhongyi, società composta dalla Cmc e da Sinohydro Engineering Bureau 4, impresa per la quale dal 1969 al 1974 ha lavorato come ingegnere l’attuale presidente cinese Hu Jintao.