L’inchiesta su Acerra fa tremare il Cavaliere

49cba6e045aaa_zoom«Sono sereno, ho fatto il mio dovere». Bertolaso non è preoccupato per le inchieste che la magistratura sta portando avanti sulla gestione dei ciclo dei rifiuti in Campania e che vede coinvolti alcuni dei suoi collaboratori, in primis Marta De Gennaro, suo ex braccio destro.
«Sono serenissimo sia nella precedente esperienza che in questa, ho sempre fatto solo ed esclusivamente il mio dovere», ha aggiunto ieri Bertolaso durante una conferenza che ha tenuto ieri a Palazzo Salerno. Una sorta di bilancio a un anno dall’«emergenza rifiuti» in Campania. Una emergenza non ancora risolta.

L’emergenza nel Casertano ad esempio che, come ha sottolineato l’assessore comunale all’igiene urbana Luciano Luciano, «è tutta interna all’ex Consorzio Ce2, la ex GeoEco, che non riesce a tenere dietro ai bisogni ordinari della nostra città a causa della carenza di automezzi». Qui ieri sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare e sequestro emesse dal Gip nei confronti di Salvatore Belforte, capo dell’omonimo clan operante nel Casertano, e di altri quattro esponenti di spicco del clan. Tra i reati contestati: associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti e truffa aggravata ai danni di Ente Pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita, estorsione, reati tutti aggravati dalla finalità dell’agevolazione mafiosa.
La provincia di Napoli è invasa dai rifiuti, a Marano, Giugliano, Quarto e Ercolano dove, spiega il sindaco Nino Daniele, «Per ora restano in strada per 24/48 ore al massimo, ma la situazione è destinata a peggiorare» e la raccolta differenziata non è mai stata avviata.

La «monnezza» ha raggiunto anche il capoluogo partenopeo nonostante «nelle discariche della Campania c’è ancora spazio per oltre tre milioni di metri cubi di tonnellate [di spazzatura ndr.], come ha detto Bertolaso.
Insomma, tutto questo dimostra che «il governo del fare», quello «con il quale in un anno abbiamo liberato Napoli e la Campania dai rifiuti, abbiamo mantenuto in Italia la nostra compagnia di bandiera, abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita, abbiamo difeso il credito delle famiglie e difeso i più deboli», come recitano gli spot elettorali che il premier ha registrato per le elezioni amministrative, non è mai esistito o, almeno, ha fallito.
A smentire il governo è il suo stesso sottosegretario Bertolaso che, sempre ieri, ha detto come a voler difendersi che il «termovalorizzatore è in fase di rodaggio». Si confuta così la tesi sostenuta dal premier che a Napoli, durante un vertice in prefettura lo scorso 27 aprile, aveva detto: «Il termovalorizzatore di Acerra funziona benissimo – e aggiungeva anche che – l’inquinamento è vicino allo zero».
Inquinamento vicino allo zero? Niente di più falso secondo «Medici per l’Ambiente» che ieri ha lanciato un appello in seguito alla notizia sullo sforamento dei livelli consentiti di polveri sottili, PM10, che provengono proprio dall’Inceneritore. Le tre centraline che controllano la qualità dell’aria hanno infatti rilevato sforamenti di 18 giorni a partire dal 23 marzo, quando la legge consente massimo 35 sforamenti all’anno.

Ma è proprio il filone delle indagini aperte su Acerra che attacca Bertolaso. «Siamo consapevoli che Acerra dà fastidio. Sappiamo bene che fuori dal termovalorizzatore ci sono gli squali, c’è chi vuole entrare, sabotare, ricattare». Poi denuncia come «rappresentanti della polizia giudiziaria chiedono documenti non sempre accompagnati dalle procedure d’uso e devo confessarvi imbarazzo perché interrogano generali a due tre stelle trattandoli come se avessero commesso chissà che cosa. A volte le domande che pongono sembrano formulate quasi per dare l’informazione che qualcuno è sotto controllo. Non abbiamo agende segrete, non rispondiamo a nessuno che non sia lo Stato italiano».

Saras. La raffineria killer, i Cip 6 e l’Inter

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Lo scenario è la raffineria più grande del Mediterraneo, la Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, di proprietà dei petrolieri Moratti, fondata nel 1962 da Angelo Moratti [già presidente dell’Inter], oggi di proprietà di Gianmarco e Massimo Moratti, patron dell‘Inter.
Qui 1600 operai lavorano petrolio grezzo che esce dallo stabilimento in barili, se ne contano 300 mila l’anno. Qui ieri hanno perso la vita Gigi Solinas, Bruno Muntoni e Daniele Melis, stroncati all’interno di una cisterna dalle esalazioni tossiche. Anidride solforosa? Saranno i giudici a stabilirlo dopo la conclusione delle indagini aperte dalla Procura di Cagliari per accertare eventuali responsabilità sulla morte degli operai, dipendenti della Comesa, una ditta esterna che lavora per la Saras.
Per protestare contro l’ennesima strage sul lavoro questa mattina i lavoratori della Saras hanno manifestato davanti ai cancelli della raffineria ma i sindacati confederali, riuniti a Tramatza nell’oristanese, potrebbero decidere di indire lo sciopero generale in tutta l’isola. La Fiom ha anche annunciato che si costituirà parte civile in un eventuale processo. Lo sciopero proseguirà anche domani e venerdì prossimo, giorno in cui potrebbero svolgersi i funerali delle vittime.
Quella di Sarroch per molti è stata una tragedia annunciata. «Da anni abbiamo lanciato l’allarme sulla sicurezza degli impianti della Saras e sui livelli di inquinamento che questi producono, allarme rimasto inascoltato se non addirittura deriso e rimproverato», ha dichiarato il presidente della Provincia di Cagliari, Graziano Milia [centrosinistra]. E proprio pochi giorni prima della tragedia la raffineria è finita sotto inchiesta, riporta la Nuova Sardegna, grazie a «Oil» un documentario prodotto e diretto da Massimiliano Mazzotta che racconta cosa veramente succede all’interno dell’impianto e le presunte conseguenze sulla salute degli operai e degli abitanti di Sarroch.
70 minuti in cui un ricercatore fiorentino, Annibale Biggeri, mette in relazione la percentuale dei decessi dovuti a malattie tumorali nella zona industriale attorno alla raffineria con l’attività degli stabilimenti. «Una maggiore incidenza di patologie tumorali e respiratorie rispetto alla media regionale», spiega Biggeri che, studiando i dati dell’Istat sulla mortalità dal 1981 al 2001 e quelli sui ricoveri ospedalieri dal 2001 al 2003, pubblica il «Rapporto Sarroch Ambiente e Salute». E’ tutto lì. Petroliere che attraccano, vanno e vengono trasportando petrolio grezzo. Petrolio ma non solo perché la Saras – attraverso la controllate Sarlux r.r.l. – da qualche anno è entrata nella nel settore dell’energia elettrica che produce usando gli scarti della raffinazione. E’ il «Tar» detto anche «olio combustibile pesante», un combustibile altamente inquinante.
E’ questo il carburante che tiene in vita il progetto della Sarlux che consente di generare energia elettrica per una potenza installata pari a 550 megawatt ed una produzione in esercizio sui quattro miliardi di chilowattora l’anno. La maggior parte della sua produzione [450 megawatt su 550] viene utilizzata dall’Enel.
Per la legge italiana l’impianto Sarlux [una joint-venture tra Saras con l’americana Enron Corp] produce fonti rinnovabili. La Sarlux è un’altra scatola cinese, la società infatti possiede l’impianto Igcc [impianto di gassificazione integrata a ciclo combinato] e attraverso Parchi Eolici Ulassai S.r.l. [tramite la controllata Sardeolica S.r.l.] la quale possiede e gestisce il parco eolico sito nel Comune di Ulassai in Sardegna, produce fonti rinnovabili.
E producendo fonti rinnovabili la Sarlux può avvalersi degli incentivi per i «Cip6», il perverso meccanismo che dell’incentivo alle fonti rinnovabili ma anche – appunto – alle assimilate: centrali elettriche a ciclo combinato alimentate con il metano oppure con il gas ottenuto dalla gassificazione dei residui di raffineria.

Clicca qui vedere Oil di Massimiliano Mazzotta.

Al G8 energia il petrolio la fa da padrone

8.08.72
Vertice lampo quello del G8 energia che, iniziato ieri, si conclude oggi a Roma.
La crisi ha ovviamente toccato anche questo settore strategico tanto che il ministero dello sviluppo economico, che lo ha organizzato, ha voluto intitolarlo «Oltre la crisi: verso una nuova leadership mondiale dell’energia». Ma come si esce dalla crisi, come si va oltre? Sono queste le domande che premono ai 23 ministri dell’energia coinvolti e che puntano a definire strategie condivise per affrontare il cambiamento climatico globale, promuovere investimenti nell’energia per la sicurezza e lo sviluppo sostenibile e definire gli strumenti che consentano di ridurre la povertà energetica.
E di crisi ha parlato anche Greenpeace che questa mattina ha manifestato davanti l’hotel Excelsior sede del G8. Secondo l’organizzazione ambientalista la crisi «rappresenta un’occasione unica per avviare una rivoluzione energetica pulita nel settore della generazione elettrica, in modo da salvare il Pianeta da cambiamenti climatici devastanti [il cui costo è stimato pari al 20 per cento del PIL mondiale al 2050], per creare milioni di posti di lavoro verdi, e per rilanciare l’economia mondiale puntando sull’ambiente». Per questo gli attivisti si sono presentati con quindici specchi che hanno proiettato la luce riflessa del sole per portare avanti il manifesto della «Solar Revolution», supportato dal rapporto economico e scientifico «Global CSP Outlook 2009» che Greenpeace ha consegnato al ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto una delegazione dell’associazione, ha ammesso: «sul solare siamo un po’ in ritardo».
Il rapporto è chiaro, gli investimenti nel «solare a concentrazione» [CSP] supereranno i 20 miliardi di euro al 2015 e il settore potrà dare lavoro nel mondo a circa 90 mila persone nei prossimi cinque anni.
Uno scenario che va nella direzione opposta di molti paesi, tra cui l’Italia, che nei giorni scorsi ha firmato un accordo bilaterale con gli Stati uniti in materia di carbone pulito e cattura e sequestro di CO2. «Abbiamo bisogno di nuove tecnologie pulite per tagliare la nostra dipendenza dai combustibili fossili e salvare il clima – ha commentato Francesco Tedesco, responsabile Campagna energia e clima di Greenpeace – Puntare su carbone e nucleare come sta facendo il governo Berlusconi è una strategia ‘killer del clima’ che rischia, oltretutto, di far perdere all’Italia un’importante occasione di sviluppo economico».

Ma è ancora il petrolio a rubare la scena alle altre fonti. I «grandi della terra» si sono accordati su una serie di misure da definire per stabilizzare il prezzo del petrolio in una «fascia ideale», che non sia troppo elevata da frenare l’uscita dalla crisi ma neppure tanto bassa da rallentare gli investimenti delle aziende. E dall’amministratore delegato di Eni, Paolo Scarni, è arrivata la proposta per stabilizzare il prezzo del petrolio per portarlo ad un «prezzo equo» di 70 dollari al barile. Una sorta di «blue print for oil price stabilization – ha spiegato Scaroni che prevede – la creazione di un’agenzia internazionale per il petrolio che rappresenti i paesi produttori e consumatori. Una specie di watch dog [temporizzazione di supervisore ndr.] per il sistema petrolifero che abbia gli strumenti per attuare iniziative concrete».
Una proposta approvata da Francia, Corea del sud e Giappone. Con quest’ultimo l’Italia ha firmato una intesa di collaborazione «nello sviluppo delle risorse umane, nello scambio di informazioni e nella promozione dell’energia nucleare».
Cosa potevamo aspettarci da un governo che si è auto-delegato per «adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi di riassetto per la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare»?
I deludenti accordi e le intese raggiunte oggi saranno discussi durante il G8 de L’Aquila. Intanto la capitale aspetta il G8 sulla sicurezza previsto per il prossimo 29 e 30 maggio.