La nuova discarica di Roma sarà Fiumicino


Il dopo Malagrotta, finita nel mirino dell’Ue, è deciso: la nuova discarica scelta per evitare un’altra “emergenza Napoli” è Fiumicino. Dal vertice di ieri tra il presidente della Regione Polverini e gli assessori regionali sarebbe emersa anche la possibilità di prorogare ancora di sei mesi la chiusura di Malagrotta. Ma c’è di più: per realizzare la discarica di Fiumicino, precisamente in località Pizzo del Prete, ci vorranno tre anni, per cui si rende necessaria l’individuazione di un “sito tampone”, una discarica transitoria individuata nel territorio di Riano, a Pian dell’Omlo.

Ii cittadini di questo piccolo comune a nord della Capitale non ci stanno, e proprio ieri hanno manifestato contro la costruzione della discarica. Ma ieri a manifestare c’erano anche i cittadini di Fiumicino che, insieme agli amministratori, si sono riversati sulla Tiberina proprio all’altezza del sito individuato dalla Giunta. “La scelta è stata fatta e Fiumicino c’è cascata in mezzo. La decisione di realizzare un impianto di trattamento e una “mini-discarica” nell’area di Castel Campanile ci trova totalmente contrari. Non mi fido di questo “modello di riferimento” toscano spacciato dalla Polverini, che temo possa con il tempo trasformarsi in un inceneritore bello e buono”. È l’accusa del consigliere comunale del Pd, Michela Califano. “Dal sindaco Canapini, dalla giunta di Roma Capitale e da quella Regionale non potevamo aspettarci altro – ammonisce Michela Califano -. I compagni di merende alla fine hanno chiuso il cerchio, alla faccia dei cittadini di Fiumicino e di quella qualità della vita che il centrodestra continua a spacciare come proprio cavallo di battaglia”.
“Mi ero illusa – continua – che il sindaco Canapini, figlio della città che governa, potesse difendere gli interessi dei suoi compaesani. È stato tutto il contrario. Dopo aver perso tutti i treni messi a disposizione dalla Provincia di Roma, Gasbarra prima Zingaretti poi, per introdurre una differenziata importante all’interno del Comune di Fiumicino che in tre anni ci avrebbe puntare su discariche e inceneritori. Senza dimenticare il via libera al raddoppio dell’aeroporto, accolto quasi con entusiasmo dal centrodestra locale. Il Pd cercherà in tutti i modi di opporsi a questa scelta scellerata, senza arrendersi, ricorrendo a ogni forma di protesta civile che si possa adottare”.

“No a una discarica, piccola e grande che sia. No al modello di riferimento di smaltimento dei rifiuti di cui parla il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, che suona tanto come un gassificatore mascherato”. È la presa di posizione dei consigliere comunali del Pd, Silvano Zorzi e Alessandra Vona. “Ne eravamo certi – sottolineano gli esponenti pd -, Fiumicino non poteva rimanere fuori da questo giro. Tutta questa storia dimostra una sola cosa: il centrodestra continua a prendere in giro i cittadini e raccontare favole. Dopo aver votato un ordine del giorno anti-discarica, e non aver voluto allargare il documento all’ipotesi inceneritore, ecco l’ennesima beffa per gli abitanti di Fiumicino”.

“In merito alla localizzazione delle discariche a Fiumicino vorrei sottolineare che è una scelta tecnicamente e politicamente sbagliata – ha spiegato Mario Baccini, deputato romano del Pdl – perché nell’area vi sono zone protette e strutture sanitarie sensibili come l’ospedale Bambin Gesù. Inoltre voglio ricordare che non si può sovraccaricare un territorio che già ospita un centro per lo smaltimento del compost dei mercati generali di Roma e impianti simili. La soluzione dello smaltimento dei rifiuti nel Lazio sta a cuore a tutti noi e per questa ragione lavoreremo per sostenere il presidente della Regione e chiunque abbia idee propositive per evitare l’emergenza. Non ci sottrarremo, se ce lo chiedono, a sostenere un piano condiviso”.
Mentre il senatore dell’Italia dei Valori Stefano Pedica propone un “referendum ambientale sulla gestione dei rifiuti a Roma: dovrà essere ancora e sempre privata o finalmente pubblica? Questo il quesito al quale chiamerei i cittadini a dare risposta”.

Dietro front sul nucleare? Un trucco del governo


Oggi il Governo ha deciso di rivedere le sue posizioni sul nucleare decidendo di abrogare le norme per la realizzazione di nuove centrali atomiche. Il Consiglio dei ministri, in fatti, inserendo un emendamento nella moratoria, già per altro prevista nel decreto legge Omnibus all’esame del Senato, ha di fatto revocato tutte le norme previste per la realizzazione di nuovi impianti.
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”, si può legge nel testo.

Questa decisione dovrebbe incidere sul referendum sul ritorno al nucleare del 12 e 13 giugno, annullandolo.
”Ad una lettura più approfondita l’emendamento di sospensione sine die del programma nucleare presentato al Senato ha le conseguenze di un’abrogazione delle disposizioni sottoposte a quesito referendario ma non del complesso di norme che hanno rilanciato il nucleare in Italia. Questo significa che in realtà si dovrebbe andare in ogni caso alle urne – ha spiegato Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia – Un Governo autorevole deve avere il coraggio di parlare senza fraintendimenti al popolo che rappresenta. Non può permettersi di giocare con le parole”.

Anche Greenpeace è scettica. “Il Governo ha paura dell’opinione degli elettori”, spiega l’associazione ambientalista in un comunicato. Insomma, questo è un caso di “furbizia preventiva che coglie un dato reale: la forte opposizione degli italiani al nucleare”. Il Governo starebbe solo cercando di “prendere tempo, abrogando solo alcuni punti della legge, per evitare che gli italiani si esprimano attraverso il referendum e poi tornare a riproporre il nucleare tra un anno”. Greenpeace conclude: “se il Governo italiano volesse fare seriamente dovrebbe reintrodurre gli incentivi sulle fonti energetiche rinnovabili, al momento completamente paralizzate dallo scellerato decreto Romani. Greenpeace chiede di adottare il sistema tedesco, alzando gli obiettivi per l’eolico e il fotovoltaico”.

Napolitano firma il decreto ammazza-rinnovabili


Il Presidente della repubblica ha appena firmato il decreto sulle energie rinnovabili criticato da più fronti, associazioni ambientaliste e del settore, che stabilisce un adeguamento verso il basso delle tariffe incentivanti. Si penalizza un settore che occupa 140 mila persone, uno dei pochi – in Italia – che non ha risentito della crisi.

Qual’è l’alternativa alla dipendenza dal petrolio e dal gas? Secondo questo governo è il nucleare, mentre le fonti rinnovabili rappresenterebbero “una percentuale minima per il nostro fabbisogno, come ha sottolineato oggi il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. “Sappiamo tutti che il falso ambientalismo ideologico della sinistra ha seminato un mare di paure e ha bloccato fino a qui in Italia tutto ciò che negli altri paesi è stato normale – ha detto – e quindi termovalorizzatori, le centrali nucleari ed anche le grandi opere”. La verità? Spiega Berlusconi che “tutti i paesi puntano sul nucleare”. Cina, India, Francia, Svizzera.
Insomma, dovremmo mettere una pietra sopra allo sviluppo delle energie rinnovabili per dar spazio al nucleare?
Secondo quanto emerge dal decreto sulle energie rinnovabili, redatto dal ministro allo sviluppo economico Paolo Romani, approvato da Palazzo Chigi lo scorso giovedì e firmato oggi dal Presidente della Repubblica, sicuramente sì. Questo perché da giugno si stabilisce un adeguamento verso il basso delle tariffe incentivanti.
Tra le novità, criticate dalle associazioni ambientaliste e dagli imprenditori del settore, i tagli alla realizzazione di impianti su terreni agricoli, i tagli sull’eolico e il congelamento del “conto energia” sul solare, varato appena lo scorso 6 agosto.
Le altre critiche mosse al provvedimento sul fatto che lo schema del D.Lgs. nel testo adottato dal Consiglio dei Ministri viola uno dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico”. Come ha spiegato Pietro Pacchione, consigliere delegato di Aper, Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili, “è un atto arbitrario del Governo senza l’intesa delle Regioni che si sono pronunciate su un testo sostanzialmente da quello approvato dal Consiglio dei Ministri. Sono state inoltre violate le prerogative parlamentari e, in particolare, la delega conferita al Governo”, che avrebbe quindi adottato un testo con finalità opposte a quelle stabilite dal Legislatore.
Duro anche il commento del presidente di Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti), secondo il quale la revisione del “conto energia” creerà “una situazione di grave incertezza e confusione per le imprese che hanno investito nel settore delle rinnovabili in base alle tariffe incentivanti del terzo Conto Energia”. Le rinnovabili e l’efficienza energetica infatti, rileva il Wwf, ”sono la spina dorsale della nuova economia, che si sta sviluppando in tutto il mondo e sono anche l’unica vera strada per garantirsi la sicurezza energetica”.
Penalizzare un settore che occupa 140 mila persone, significa anche frenare il raggiungimento dell’obiettivo del 17% della produzione energetica totale da fonti rinnovabili entro il 2020, stabilita dall’Unione europea e condivisa dall’Italia.
”Il governo si fermi – afferma in una nota odierna la segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà – non accetteremo che, per imporre il nucleare, vengano affossate le energie rinnovabili, di cui il fotovoltaico è lo strumento più flessibile e più alla portata di famiglie ed imprese”.