Domani tavolo politico per la Tav. E i valsusini di nuovo in piazza

È stato riconfermato per domani 13 febbraio, alle 17,30, a palazzo Chigi il «tavolo politico» per la realizzazione del Tav Torino-Lione.
Il tavolo era stato convocato inizialmente per il 30 gennaio ma era saltato a causa della crisi di governo.
In concomitanza con la riunione i No Tav della Val di Susa, della Val Sangone e quelli di Torino scenderanno in piazza a Condove dalle 16,30 in poi.
«Un governo non più in carica cercherà di imporre vecchie e nuove forzature in questo ‘tavolo politico’ nato con il governo Berlusconi all’indomani delle cariche di Venaus: riconducendo il progetto Tav Torino-Lione ad una questione di ordinaria amministrazione un altro governo, anch’esso delegittimato dal parlamento, cerca oggi di precostituire ipotesi e soluzioni che potranno essere gestite poi dal prossimo governo, non importa quale esso sarà», si legge nel comunicato stampa che indice la manifestazione di domani.
Proprio pochi giorni fa si era scatenata una campagna mediatica che puntava a indebolire il popolo No Tav dipingendo la Valle di Susa divisa e rassegnata.

Il Corriere prima e il Giornale poi, prendendo a pretesto la difesa del territorio e dell’occupazione, affondavano la loro penna velenosa cercando di destabilizzare la lotta dei valsusini. Il 4 febbraio infatti esce sul Corriere un articolo della giornalista Alessandra Mangiarotti che fa infuriare l’intera valle perché titola i «No Tav che si pentono». Il giorno dopo invece il Giornale ospita un articolo dell’ex ministro delle infrastrutture, Pietro «talpa» Lunardi, che parla di «pentimento diffuso» e di «ammissione di strumentalizzazione diffusa».
«In 22 mesi il governo ‘amico’ ha lavorato intensamente soprattutto per dividere il fronte No Tav – si legge ancora nel comunicato–per ricondurre alla ragione amministratori giudicati troppo vicini ai cittadini che li hanno eletti, per delegittimare una protesta che continua ad essere popolare e gode di ampio consenso: lo dimostrano le 32 mila firme presentate alla Commissione europea e raccolte in un mese nella scorsa estate».
Intanto Di Pietro ha già scaldato i motori da giorni. «Dobbiamo dare all’Osservatorio qualcosa in più per fare in modo che la Torino-Lione venga fatta e venga fatta al meglio–ha detto ancora sottolineando che–siamo all’ultimo treno, sia per fare l’opera, sia per farla in modo condiviso perchè poi c’è il rischio che tornino gli altri, quelli delle ruspe di notte». E insiste «Il blocco fine a se stesso potrebbe comportare un danno maggiore per il territorio mentre noi vogliamo, e lo abbiamo dimostrato in questi mesi, differenziare bene la situazione tra gli strumentalizzatori a fini pseudo politici e quelle che sono le reali esigenze del territorio».

Per questo i valsusini saranno in piazza domani, per dire che non si pentono, che vanno avanti.
E ne hanno escogitata un’altra delle loro per contrastare l’avvio dei cantieri. Si tratta dell’iniziativa «compra un posto in prima fila». In tanti infatti stanno comprando un metro quadrato di terreno della zona Colombera di Chiomonte che sarebbero necessariamente da espropriare per realizzare la nuova uscita del tunnel dell’alta velocità, secondo il progetto governativo contenuto nel dossier presentato da Di Pietro all’Ue. Costa poco, solo 15 euro simboliche, ma l’iniziativa è importante perché, se ci sarà l’esproprio, tutti quei proprietari [5 mila ma forse anche 10 mila] dovranno essere informati tramite raccomandata e avranno il diritto di recarsi sui terreni in qualsiasi momento, per ispezionare i lavori. L’iniziativa è stata illustrata ieri al punto informativo No Tav di Chiomonte in una assemblea molto partecipata.
Insomma domani tutti a Condove, in piazza Martiri della libertà, «in collegamento con Roma pronti a rispondere alle menzogne», dicono dalla valle. «E già che ci siamo – aggiungono – portiamo bandiere, striscioni, simpatici cartelli, fischietti, megafoni e anche la cena al sacco».

I No Tav si pentono? I valsusini smentiscono il Corriere

Sarà che si avvicina la data della riunione del tavolo politico sulla Tav, rinviata già il 30 gennaio per via della crisi di governo [si dovrebbe tenere nei prossimi giorni], che sul Corriere della Sera di oggi c’è un articolo sui «No Tav che si pentono».
«Quel treno ci porta lavoro. Sindaci, commercianti, casalinghe: non marciamo più. L’ex capopopolo Ferrentino: è finito il tempo di urlare», titola il Corriere a pagina 25.
Ma è proprio vero? Potranno mai «pentirsi» i valsusini? E di cosa?

Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana bassa Val di Susa e Val Cenischia smentisce l’articolo. «La giornalista che l’ha scritto ha fatto una personale ricostruzione delle mie parola. Di parte direi, e con un obiettivo ben specifico – dice – Ho risposto a domande precise, come quella in cui mi si chiedeva se fossero previste altre manifestazioni in Valle alla quale ho risposto che al momento non sapremmo come e contro chi manifestare perché stiamo cercando di fare emergere, dal confronto con l’Osservatorio, quelle che sono le nostre osservazioni e la nostra contrarietà a quest’opera. È esattamente quello stiamo facendo all’interno di un tavolo di confronto. Sulle questioni tecniche ho detto poi che noi siamo d’accordo al potenziamento della linea storica, al nodo di Torino, e che il tunnel non è la priorità, se ne discuterà nei prossimi 10-15 anni. La cosa molto brutta è che la giornalista ha fatto emergere la sensazione che in Valle tutti abbiano cambiato idea. Nessuno di noi ha cambiato idea. Chi era favorevole è rimasto favorevole, chi era contrario è rimasto contrario. Nell’articolo però si possono leggere solo le valutazioni di chi è favorevole, non c’è nessun contrario all’opera. Mi sembra una operazione un po’ squallida. Si vuole lanciare il messaggio che in Valle non esiste più l’opposizione alla Tav, cosa totalmente falsa. È una operazione molto brutta».

Dello stesso parere è il sindaco-atleta di Borgone, protagonista di una traversata a nuoto in solidarietà con i No Ponte nel 2006, Simona Pognant. «Non è che la valle ha cambiato idea. Una parte della popolazione queste cose le pensa da sempre. Una parte rimane a favore della Tav ma la maggioranza è contro quest’opera, come assolutamente contrari sono gli amministratori–dice–Un articolo del genere esce per dimostrare che oramai la Valle di Susa non è più un problema, che la Tav è stata accettata. Ovviamente non è così. È vero che noi ci sediamo con i nostri tecnici nell’Osservatorio, è vero che partecipiamo al Tavolo politico, ma questo non significa essere a favore e non significa neanche andare a capire come realizzare quest’opera. Non è cambiato nulla, da ieri, da sei mesi fa. L’unica cosa che è cambiata sicuramente è la possibilità di sedersi attorno ad un tavolo per spiegare le nostre ragioni e di vederle scritte su alcuni quaderni, appunto i quaderni dell’Osservatorio, convalidati da tutti».

Per Chiara Sasso: «La giornalista del Corriere della Sera la conosciamo da tempo, non è la prima volta che affonda in malo modo il coltello. Il giorno dopo la manifestazione contro le grandi opere del 14 ottobre 2006 a Roma aveva intervistato a suo modo il sindaco di Almese presentando una valle divisa e pronta a mediare. Che cos’è cambiato da allora? Oggi c’è meno fiducia [quasi nulla], l’eredità che lascia la sinistra dopo due anni di governo è un vuoto e una desolazione assoluta.

Anche per Giorgio Vair, assessore all’ambiente della Comunità montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia quell’articolo: «È sicuramente impostato male e poi se dobbiamo parlare anche del problema dell’occupazione, questo non c’entra con la Tav. Forse le gallerie, se dobbiamo usarle comunque perché le abbiamo ordinate, facciamo prima ad usarle sotto la città di Torino facendo la metropolitana seria e credibile che garantisca il trasporto per centinaia di migliaia di persone, eliminando allo stesso tempo gran parte del traffico urbano dalle strade cittadine»

Tracciato per caso

Il governo Prodi presenterà a Bruxelles il 20 luglio un finto progetto. Senza valutazione ambientale e senza il consenso dei valusini. Per acchiappare un miliardo di euro

E’ arrivato il 20 luglio. Venerdì è l’ultimo giorno utile, per il governo, per presentare a Bruxelles il progetto e il tracciato dell’Alta velocità Torino-Lione, e spera di ricevere finanziamenti per un miliardo di euro. L’atmosfera in Val di Susa nell’attesa è calda, le riunioni dei sindaci si alternano a quelle affollatissime dei Comitati No Tav. Anche i «grandi» media, Repubblica e Sole 24 Ore in testa, fanno il conto alla rovescia raccontando improbabili
nuovi tracciati della linea ad Alta velocità. «Ma non c’è nessun tracciato – dice Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana bassa Val di Susa e Val Cenischia–Come ha già annunciato Enrico Letta, il governo il 20 luglio presenterà un ‘dossier di candidatura’, ma nessun tracciato è stato discusso con noi. Il governo ha preso una decisione autonoma». Per questo motivo i sindaci della bassa valle si sono riuniti, venerdì 6 luglio, per scrivere una delibera il più condivisa possibile. Il 17 luglio il testo sarà portato all’attenzione di tutti i consigli comunali, che dovranno esaminarlo per poi approvarlo o meno.
Nel documento, oltre a rivendicare i risultati ottenuti dal movimento della Valle di Susa, che rappresenta «un esempio per l’intero paese», si ribadisce il dissenso sul dossier con il «nuovo tracciato», tenuto segreto dal governo fino all’ultimo, e si ribadisce che «nessuna condivisione o assenso è riconducibile ai rappresentanti istituzionali del territorio». Quello che i sindaci chiedono, ormai da tempo, è che qualsiasi soluzione debba avere un consenso ampio dei cittadini e che l’Osservatorio tecnico sulla Tav, che formalmente è l’unico luogo deputato all’esame dei progetti, possa finire il suo lavoro.
E poi, aggiunge Ferrentino, «siamo ancora in attesa di vedere quali siano le politiche dei trasporti che questo governo vuole mettere in campo». Riprendendo lo studio del secondo quaderno dell’Osservatorio, che spiega la necessità di un cambiamento radicale delle politiche dei trasporti, nella delibera del 6 luglio si esprime anche la «netta contrarietà alla volontà del governo di attuare fin da subito il tunnel di base» e che qualsiasi scelta che riguardi le infrastrutture deve essere orientata verso lo spostamento del trasporto merci dalla gomma alla ferrovia. «Se a Bruxelles la procedura sarà una cosa seria – aggiunge Ferrentino con tono dubbioso–il governo italiano non avrà nessuna speranza di ottenere i finanziamenti. Se invece sarà soltanto un paravento per giustificare una decisione politica già assunta, cioè quella di finanziate la Torino-Lione con un miliardo di euro, bisognerà vedere se questo starà bene anche agli altri stati membri».

La lista dei progetti candidati ai pochi fondi infrastrutturali stanziati dalla Commissione europea è infatti piuttosto lunga. Ma cosa dicono nel frattempo i comitati? «C’è una rottura che non riesce a ricucirsi – spiega Maurizio Piccione del Patto di mutuo soccorso – Purtroppo sembra che i sindaci abbiano stretto un accordo con questo governo, il che non significa che la Tav si farà, ma che non si farà la guerra contro il governo. C’è anche un documento scritto dai comitati che spiega come non ci sia bisogno di potenziare la linea attuale, ma Ferrentino continua a dire che è irricevibile». Il «potenziamento» di cui parla Maurizio si riferisce all’ipotesi, contenuta nel progetto- fantasma del governo, di moltiplicare i binari della Tav nel tratto da Sant’Antonino ad Avigliana, affiancandoli al tracciato della linea storica.
Secondo Maurizio la delibera approntata dai sindaci «è annacquata, perché non dice ‘No Tav’ – spiega–e anche perché il documento dice ‘no’ al tunnel di base adesso, ed è un no che si basa sugli attuali studi sul traffico. Che poi è quello che dice anche Antonio Virano [il presidente dell’Osservatorio tecnico sulla Tav, Ndr.] nei primi due quaderni dell’Osservatorio. I quaderni però dicono anche che la necessità di costruire il tunnel di base esisterà certamente nel 2030, quando il governosi prenderà l’impegno di portare le merci dalla gomma alla rotaia». La costruzione del tunnel di base è, per il momento, solo rimandata nel tempo, «ma in quella delibera i sindaci avrebbero dovuto dire che il tunnel non andrebbe fatto né prima né dopo», sostiene Maurizio.
Per Claudio Giorno, uno dei fondatori del movimento No Tav, «Antonio Ferrentino sta perseguendo una strategia che è stata collaudata nel tempo, cioè quella di redigere degli schemi di delibere, in questo caso quella del 9 luglio, che ribadiscono la contrarietà alla Torino-Lione. Ma chiunque l’abbia letta ha visto che non c’è nessuna esplicita contrarietà alla Tav. La delibera infatti persegue una logica che è la sintesi della posizione di tutti i comuni. La posizione di Ferrentino è chiara – continua Giorno–da una parte riconosce le lotte della Valle di Susa, dall’altra rivendica il metodo del primato, dell’articolazione, della politica istituzionale. Se da una parte i protagonisti di questa lotta, dai più ai meno radicali, non accettano le soluzioni proposte da Ferrentino, anche la parte istituzionale, quindi i sindaci, non sembrano disponibili a trovare un terreno di mediazione. Questo è il problema grosso. L’impressione che ho è che si sia ricreata la famigerata cinghia di trasmissione tra i partiti e le istituzioni che per molto tempo [e bisogna dirlo, anche per merito di Ferrentino], era stata tranciata di netto consentendo una grande autonomia di pensiero al movimento dei cittadini e alle istituzioni che erano al loro fianco». Ma questo fantomatico tracciato c’è o non c’è? Secondo Ferrentino, «il tracciato c’è, ed è quello che è stato pubblicato uguale da tutti i giornali. Quindi significa che da qualche parte esiste una mappa con queste indicazioni». Quello che sarà presentato a Bruxelles contempla, nel tratto italiano, trentadue chilometri di tunnel e tredici di attraversamento interrato. In valle sono in tanti a pensare che governo lo aveva pronto da tempo, prima della riunione del «tavolo politico» il 13 giugno scorso, a palazzo Chigi, e l’abbia tirato fuori dal cassetto solo adesso. L’indizio è che «per portare a termine uno studio simile ci vogliono cinque anni», dice Ferrentino.

In valle sono anche in tanti a credere che portare una bozza del tracciato alla Comunità europea, il 20 luglio, fosse indispensabile, per il governo italiano, altrimenti gli altri paesi della Comunità, che ancora stanno aspettando i finanziamenti per altre opere, avrebbero potuto richiedere per sé, probabilmente con più ragione, quel miliardo di euro. Claudio Giorno chiarisce questo punto: «Da quello che ci hanno detto alcuni parlamentari europei, Bruxelles i soldi li ha già, quindi il finanziamento ha solo bisogno di una certificazione, perché la concorrenza degli altri paesi, ad esempio la Polonia, il Portogallo o la Slovenia, è alta. Per tutte le grandi reti europee, infrastrutturali e non, infatti la torta è limitata». Fino al 2013, data in cui i progetti per le reti di trasporto in cui ricade anche la Tav Torino-Lione devono essere presentati, sono stati messi a disposizione dall’Unione europea poco più di cinque miliardi di euro in totale. La concorrenza, quindi, è accanita. E la Tav italo-francese da sola si mangia la fetta più grossa.
Per sapere quale sarà la risposta della Commissione europea al progetto del tracciato fantasma inventato dal governo Prodi bisognerà aspettare la fine di settembre. Anche se è forte la sensazione che la decisione sia stata già presa e che il 20 luglio sia una scadenza solo formale. Forse è così a Bruxelles, probabilmente è così a Roma. Di certo non è così a Condove o a Venaus. Dove, al contrario, da quel che si deciderà venerdì 20 dipende se e come riprenderà la protesta.