Nucleare, la Cassazione dice sì al quesito


Il referendum sul nucleare si farà. Lo ha stabilito da poche ore l’ufficio elettorale della Corte di Cassazione. Il 12 e il 13 giugno insieme ai quesiti sull’acqua e a quello sul legittimo impedimento si andrà a votare anche quello sul nucleare per decidere se abrogare o meno le nuove norme contenute nel decreto legge omnibus. “È stato ristabilito il diritto a votare, che il governo aveva cercato di portarci via, ponendo la fiducia alla Camera. Oggi possiamo dire che la speranza di ripristinare il diritto c’è”, commenta Salvatore Barbera, responsabile della campagna Nucleare di Greenpeace Italia.

“Non è bastata al Governo Berlusconi l’ultima furbata che provava a mandare a monte il grande lavoro referendario. Il referendum ci sarà, come ha appena confermato la Cassazione – commenta Gianni Palumbo del direttivo nazionale del forum ambientalista – gli italiani, mostrando grande maturità, confermeranno quello che è il sentimento diffuso in questo momento nel Paese, ovvero occorre cambiare registro sui principali temi che contribuiscono a fare dell’Italia un luogo civile. In particolare il referendum sul nucleare porterà al sicuro successo che confermerà, una volta per tutte l’abbandono di idee obsolete e pericolose per la salute della gente e del pianeta. Ora un grande impegno in questi giorni finali di campagna elettorale referendaria. Se questo poi sarà anche una spallata a questo governo antiecologico, tanto meglio”.

”La Cassazione non ha potuto che prendere atto, non solo per le dichiarazioni di Berlusconi all’incontro con Sarkozy ma anche in atti istituzionali, come sono i pronunciamenti parlamentari, che lo spirito della modifica alla legge era, di fatto, in contrasto col quesito referendario”, il commento di Di Pietro (Idv). Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, commenta: “Questa decisione fa giustizia delle vergognose manovre che il governo aveva messo in campo per evitare che i cittadini italiani si esprimessero su una scelta così fondamentale. Berlusconi e la sua maggioranza, che si richiamano al popolo e alla sua volontà quando fa loro comodo, ora temono le urne e il giudizio popolare”.

Intanto, proprio sui referendum, arriva il monito dell’Agcom alla Rai. In particolare sulla collocazione nei palinsesti dei messaggi autogestiti che, secondo l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, non è conforme ai principi del regolamento sulla par condicio referendaria. L’Agcom scrive alla Rai affinché “realizzi una collocazione dei messaggi idonea a garantire l’obiettivo del maggior ascolto – si legge nel comunicato stampa – come previsto dalle disposizioni vigenti”.

E la mobilitazione sui referendum non si ferma, come spiega anche Guglielmo Abbondati, coordinatore regionale di Sinistra ecologia e libertà del Lazio: “Da oggi e fino al 12 giugno Sel sarà impegnata con tutte le forze per convincere gli elettori a votare quattro Sì per difendere l’acqua pubblica, cancellare definitivamente il nucleare e il legittimo impedimento. La vittoria dei referendum sarà il definitivo avviso di sfratto al governo Berlusconi”. Anche per il presidente dei Verdi della regione Veneto, Bonessio, è “importante continuare la campagna di informazione per raggiungere il quorum necessario il giorno del referendum”.

Continua la protesta degli attivisti di Greenpeace che da 22 giorni sono rinchiusi in un “rifugio nucleare”, come se davvero fosse in corso una catastrofe atomica. E poi ci sono i volontari rinchiusi nel “bidone nucleare” al Pincio. Alice, Alessandra, Silvio, Luca, Pierpaolo e Giorgio de ipazzisietevoi.org che spiegano: “Adesso è il momento di dimostrare che gli Italiani sanno dare valore ai loro diritti e che andranno a votare in massa il 12 e il 13 giugno per raggiungere il quorum. La nostra generazione ha finalmente la possibilità di farsi sentire: una volta tanto il governo non e’ riuscito a rubarci il diritto di esprimerci”.

Abruzzo, la Regione degli idrocarburi


L’Abruzzo potrebbe diventare la Regione degli idrocarburi dopo che lo scorso 28 marzo il Ministero dell’ambiente ha concesso alla irlandese Petroceltic Elsa la Via (Valutazione d’impatto ambientale), che le consentirà d’iniziare le esplorarazioni in mare in cerca di idrocarburi.
Cosa significa questo? Che la società potrà esplorare i fondali anche con l’ausilio di micro-esplosioni che le permetteranno di ricercare il petrolio. Se i dati raccolti saranno positivi, si potrebbe realizzare un pozzo esplorativo in un’area a 40 chilometri dalla costa, a soli 26 chilometri dalle Isole Tremiti, riserva naturale marina e area marina protetta della Puglia.
“E’ semplicemente assurdo autorizzare una ricerca di petrolio a poca distanza dalle isole Tremiti e dal quel magnifico patrimonio ambientale che è la riserva marina”, il commento del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, – E’ noto che in quell’area il petrolio sia di scarsa qualità. E allora perché autorizzare una ricerca sismica? La Regione sta valutando iniziative giuridiche”.
“L’Adriatico é uno ‘stagno’ – presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna – quasi un lago chiuso sul quale si affacciano milioni di cittadini, balcanici e italiani. La preoccupazione, che penso non potrà sfuggire ad un’autorevole rappresentante del governo nazionale come il ministro Prestigiacomo, è che un incidente come quello del golfo del Messico condannerebbe a morte milioni di europei”.

Abruzzo, Molise, Puglia, ma anche Marche, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Emilia Romagna uniscono le forze contro le trivellazioni e domani, 22 aprile a partire dalle 10.30, alla sala Guaccareo del Consiglio regionale di Bari, il gruppo di Sinistra ecologia libertà presenterà una proposta di legge alle Camere che vieta le ricerche e le coltivazioni di idrocarburi liquidi lungo le coste adriatiche. L’articolo 121 della Costituzione italiana, infatti, recita come i consigli regionali e i suoi membri possano proporre alle camere iniziative legislative che riguardino competenze specifiche del governo.

“Puntando sul petrolio – ha spiegato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri – si rischia di ipotecare il futuro delle nostre coste e di attività economiche come il turismo di qualità. Per una tutela davvero efficace dunque non basta il divieto di perforazioni entro le 5 e 12 miglia dalla costa ma serve un divieto tout court in Italia e in tutto il Mediterraneo a partire dalle aree dove incombono le trivelle con il Golfo della Sirte in Libia e il Canale di Sicilia”
Secondo i dossier “Texas Italia e Marea nera” di Legambiente, l’Italia, attraverso 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore, movimenta complessivamente oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all’anno a cui vanno aggiunte le quantità di petrolio e affini stoccati in 482 depositi collocati vicino al mare, che hanno una capacità di quasi 18 milioni di metri cubi.
Ancora, oltre ai 76 pozzi già esistenti ci sono altre aree d’Italia a rischio trivelle.
Ad oggi infatti nel Belpaese sono stati rilasciati 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 a mare, interessando un’area di circa 11 mila chilometri quadrati. A questi si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 a mare per una superficie di 23 mila kmq.

Dietro front sul nucleare? Un trucco del governo


Oggi il Governo ha deciso di rivedere le sue posizioni sul nucleare decidendo di abrogare le norme per la realizzazione di nuove centrali atomiche. Il Consiglio dei ministri, in fatti, inserendo un emendamento nella moratoria, già per altro prevista nel decreto legge Omnibus all’esame del Senato, ha di fatto revocato tutte le norme previste per la realizzazione di nuovi impianti.
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”, si può legge nel testo.

Questa decisione dovrebbe incidere sul referendum sul ritorno al nucleare del 12 e 13 giugno, annullandolo.
”Ad una lettura più approfondita l’emendamento di sospensione sine die del programma nucleare presentato al Senato ha le conseguenze di un’abrogazione delle disposizioni sottoposte a quesito referendario ma non del complesso di norme che hanno rilanciato il nucleare in Italia. Questo significa che in realtà si dovrebbe andare in ogni caso alle urne – ha spiegato Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia – Un Governo autorevole deve avere il coraggio di parlare senza fraintendimenti al popolo che rappresenta. Non può permettersi di giocare con le parole”.

Anche Greenpeace è scettica. “Il Governo ha paura dell’opinione degli elettori”, spiega l’associazione ambientalista in un comunicato. Insomma, questo è un caso di “furbizia preventiva che coglie un dato reale: la forte opposizione degli italiani al nucleare”. Il Governo starebbe solo cercando di “prendere tempo, abrogando solo alcuni punti della legge, per evitare che gli italiani si esprimano attraverso il referendum e poi tornare a riproporre il nucleare tra un anno”. Greenpeace conclude: “se il Governo italiano volesse fare seriamente dovrebbe reintrodurre gli incentivi sulle fonti energetiche rinnovabili, al momento completamente paralizzate dallo scellerato decreto Romani. Greenpeace chiede di adottare il sistema tedesco, alzando gli obiettivi per l’eolico e il fotovoltaico”.